venerdì 16 agosto 2013

La poesia di un ateo

L'idea dietro a questa poesia è semplice, ed è il ragionamento chiave (vecchio di millenni) della razionalità atea: se esistono delle entità onnipotenti quali in base al sentire comune dovrebbero essere gli dei, data la situazione del mondo (che, con buona pace di alcuni arrampicatori di specchi, sembra esser ben poco "il migliore dei mondi possibili", e l'esistenza di bestie come il varano* rende ridicola l'ipotesi di un mondo fatto "a misura d'uomo") delle due una: o non si curano degli umani, o hanno un'indole decisamente perfida.


Quando fissammo nel volto superbo
Gli dei della terra
Loro, abbassando lo sguardo, in silenzio,
Ci chiesero scusa,
Loro, a noi tutti, i mortali che al mondo
Soffriamo la loro
Empia alterigia di piogge di fuoco,
Di piaghe e diluvi.





* come mai il varano? Perché sembra uscito da un film horror, ecco perché: questo rettile carnivoro e antropofago sa correre e nuotare più velocemente di un umano, sa arrampicarsi sugli alberi, e il suo morso è ricco di tossine. Inoltre, le femmine di varano possono riprodursi per partenogenesi: basta una singola femmina per diffondere l'animale in una nuova zona. Ora, lettori credenti, io non so come agireste voi, ma se io fossi un dio benevolo non metterei al mondo un bestio che sembra uscito dalla fantasia di Stephen King.

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